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Controlli e spending review per gli enti che percepiscono contributi pubblici

Celeste Infantino
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Come anticipato nella nostra newsletter di novembre 2024, il disegno di Legge di Bilancio aveva introdotto, attraverso l’art. 112, stringenti misure di controllo su società, enti, organismi e fondazioni che ricevono, anche in modo indiretto e sotto qualsiasi forma, un contributo di entità significativa a carico dello Stato, la cui soglia dovrà essere stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di Bilancio (Legge n. 207 del 30.12.2024, art. 1 commi 857- 858, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 305 del 31/12/2024).

Nella versione definitiva della Legge, sebbene sia stata espunta la misura che prevedeva l’obbligo di nomina di un revisore da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, risultano comunque confermate le seguenti previsioni:

  • gli organi di controllo, anche in forma monocratica, già costituiti o da costituire per il rispetto della presente disposizione, nello svolgimento dei compiti e secondo le responsabilità ad essi attribuiti in base alla normativa vigente, provvedono ad effettuare apposite attività di verifica per accertare che l'utilizzo dei predetti contributi sia avvenuto nel rispetto delle finalità per le quali i medesimi sono stati concessi. A conclusione delle attività di verifica, gli stessi organi di controllo saranno tenuti ad inviare al Ministero dell'economia e delle finanze una relazione contenente le risultanze delle verifiche effettuate (comma 857);
  • a decorrere dal 1° gennaio 2025 si applicano, per gli stessi enti, le misure di contenimento della spesa previste per la pubblica amministrazione (ex commi 591, 592, 593, 597, 598 e 599 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160), secondo le quali le spese per l'acquisto di beni e servizi non potranno essere superiori al valore medio sostenuto per le medesime finalità negli esercizi finanziari 2021, 2022 e 2023, come risultante dai relativi rendiconti o bilanci deliberati. Esclusivamente per le fondazioni lirico-sinfoniche e i teatri di tradizione il riferimento per il computo è limitato agli anni 2022 e 2023 (comma 858).

Dall’analisi delle nuove disposizioni normative, si evidenzia come queste possano purtroppo prestarsi alla creazione di potenziali situazioni di paralisi per gli enti che intendono effettuare investimenti, andando a penalizzare enti e società che hanno gestito con maggiore prudenza le proprie risorse negli anni precedenti.

Ciò in quanto, dovendo basare i calcoli su una media storica di spese passate, non vengono prese in considerazione le reali esigenze o le opportunità economiche che potrebbero presentarsi, con la conseguenza che, anche in presenza di contributi pubblici destinati a progetti di grande rilevanza strategica, le società e gli enti non potranno utilizzarli pienamente qualora l’importo dell’investimento superasse la media delle spese effettuate nel triennio precedente.

Al riguardo, tuttavia, si evidenziano una serie di dubbi interpretativi riguardo, ad esempio:

  • l’applicazione del limite dal punto di vista temporale, ovvero se riguardi solo gli investimenti futuri o anche quelli già deliberati ma non ancora eseguiti al 1.01.2025, andando a porsi in contrasto con il divieto di imporre norme con effetti retroattivi;
  • il tipo di spese da considerare nel calcolo della media triennale, visto che la norma, riferendosi genericamente a “spese per l’acquisto di beni e servizi”, non specifica se debbano essere incluse le spese per investimenti immateriali (es. software o brevetti).
Considerato il forte impatto che le misure potrebbero avere sull’operatività degli enti, le associazioni di settore auspicano almeno che vengano esclusi dall’applicazione della norma gli Enti del Terzo Settore.

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