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Vecchie Ong: transizione al Registro da chiarire

Opportuno adeguare gli statuti anche se restano incertezze

Francesco Capogrossi Guarna
16/07/2018
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La riforma prevede una via solo in apparenza in discesa per le vecchie organizzazioni non governative (Ong) che intendano assumere la qualifica di ente del terzo settore (Ets). Infatti, le Ong già riconosciute idonee dalla legge 49/1987 e iscritte all’anagrafe delle Onlus  in quanto non più Onlus di diritto in base alla legge 125/2014 sulla cooperazione internazionale allo sviluppo – non hanno nessun obbligo di adeguamento dello statuto.

Lo prevede l’articolo 89, comma 9, del Codice del terzo settore, secondo cui le vecchie Ong, categoria a esaurimento, «sono iscritte nel Registro unico nazionale del Terzo settore», introducendo un automatismo nel passaggio agli Ets, senza tuttavia regolarne le modalità operative e gli effetti nel periodo transitorio.

Resta ferma la specificità del sistema normativo e regolamentare della legge 125/2014, sotto la vigilanza dell’Agenzia per la cooperazione allo sviluppo (Aics), anche sui requisiti soggettivi e oggettivi per l’iscrizione nell’elenco delle Osc (organizzazioni della società civile e altri enti senza fini di lucro), con il beneficio della doppia iscrizione.

La mancanza di chiarimenti ufficiali, che potrebbero essere forniti con un intervento correttivo al Codice del terzo settore, ha avviato un confronto tra le maggiori organizzazioni di cooperazione internazionale e le reti di appartenenza per proporre soluzioni di indirizzo sul punto.

Si ritiene comunque opportuno che le Ong già idonee (qualificate anche Onlus) aggiornino il proprio statuto alle previsioni Ets del Codice con un intervento di adeguamento alle clausole essenziali (norme inderogabili), rispetto a quelle facoltative, viste le numerose novità nella disciplina giuridica. In particolare, ricordiamo gli obblighi di conformità ai requisiti su ordinamento, amministrazione e controllo e quelli sulla rendicontazione e sull’accountability (regole di bilancio anche sociale e di trasparenza). A questi potrebbero aggiungersi, oltre a elementi formali come la denominazione, la verifica dei nuovi vincoli sul patrimonio e sui divieti di destinazione indiretta e la possibilità di ampliare i settori di interesse generale e svolgere attività diverse secondarie e strumentali.

Restano dubbi sulla necessità di presentare un’istanza, sulla falsariga della soluzione fornita a suo tempo dalle Entrate con la risoluzione 22/E/2015 per le Ong già idonee, ma anche sulla “trasmigrazione” dei dati e sull’eventuale onere di trasmettere ulteriori informazioni al Registro unico del terzo settore e, soprattutto, sugli effetti di devoluzione patrimoniale in quanto Onlus ordinarie (articolo 101) trascorso infruttuosamente il termine massimo fissato al 3 febbraio 2019 per l’ingresso negli Ets.

Per tutti gli altri soggetti non profit iscritti nell’elenco delle Osc valgono le disposizioni contenute nel Codice del terzo settore, per potersi qualificare come Ets.

Sono infatti abrogate le rispettive leggi speciali e il requisito di iscrizione al Registro degli Ets si intende soddisfatto con l’iscrizione a uno dei registri di settore. Resta facoltativo adeguare gli statuti alle nuove disposizioni inderogabili entro 18 mesi dall’entrata in vigore del Codice (3 febbraio 2019).

Lo stesso Codice, con l’articolo 99, ha sostituito il termine Onlus con quello di «Ets non commerciali» di cui all’articolo 79, comma 5, escludendo di fatto dall’elenco degli enti della cooperazione allo sviluppo senza scopo di lucro quelli del terzo settore che svolgono un’attività commerciale in via esclusiva o principale.

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Francesco Capogrossi Guarna

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