Articolo_Non Profit_Enti associativi

Enti associativi: convenienza da pesare per l'accesso agli Ets

La scelta dipende da dimensioni, attività, organizzazione e ricavi

Francesco Capogrossi Guarna
09/07/2018
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Gli enti non commerciali di tipo associativo sono i più interessati a valutare la convenienza fiscale ad acquisire la qualifica di ente del terzo settore (Ets). La riforma, infatti, ha introdotto sostanziali novità sul regime fiscale e sui requisiti di non commercialità degli Ets (articolo 79), ma ha anche disapplicato molte norme di favore per le associazioni. Ad esempio è stata esclusa la decommercializzazione dei corrispettivi specifici per le attività rese agli associati in diretta attuazione degli scopi istituzionali (articolo 148, comma 3, del Tuir la cui formulazione è stata riproposta solo per le associazioni Ets di promozione sociale) nonché l’applicazione del regime forfetario della legge 398/91.

Per le Aps sono stati previsti ulteriori benefici come la non commercialità dell’attività di cessione a terzi di proprie pubblicazioni, somministrazione di alimenti e bevande per enti con finalità assistenziali (legge 287/91), vendita di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito curata dall’ente senza mezzi organizzati, cui si aggiunge l’esenzione Ires dei redditi degli immobili destinati ad attività non commerciali (già in vigore dal 1° gennaio 2018).

Di contro il Codice del terzo settore prevede due nuovi regimi opzionali di tassazione a forfait. Il primo per gli Ets non commerciali di ogni tipo (articolo 80), più conveniente per le aliquote e il tetto di ricavi rispetto a quello (poco usato) dagli enti in semplificata “non Ets” (articolo 145 del Tuir); il secondo solo per le Odv e le Aps (articolo 86) con aliquote e ricavi ridotti (1 e 3% fino a 130 mila euro).

I nuovi regimi, escluso quello delle Odv, potrebbero risultare meno vantaggiosi rispetto al forfettario (legge 398/1991). Infatti, il forfait: rispetto al regime delle Aps, a parità di aliquote prevede un più elevato limite di ricavi (400 mila euro); rispetto a quello degli Ets generici, a parità di scaglioni comporta una tassazione inferiore (circa quattro volte) oltre alle agevolazioni contabili e alla forfettizzazione della detrazione Iva al 50 per cento.

Ma il Codice ha anche abrogato alcune agevolazioni per gli enti associativi “non Ets”, penalizzando chi rimarrà all’esterno del nuovo sistema. In particolare, produrranno reddito d’impresa le attività a pagamento rese agli associati da alcune associazioni, cancellate dall’articolo 148, comma 3, del Tuir, quali le assistenziali (reintrodotte dal decreto correttivo non ancora approvato), le culturali (comprese quelle ricreative, dopolavoristiche e del tempo libero) e quelle di formazione extrascolastica.

Tra le altre modifiche rilevanti, l’articolo 89, comma 1, lettera c) del Codice ha escluso dalla legge 398/91 le associazioni senza scopo di lucro e pro loco (legge 66/92) e quelle bandistiche, cori amatoriali, filodrammmatiche, di musica e danza popolare (legge 350/03). Il regime forfettario rimane quindi solo per le associazioni (e società) sportive dilettantistiche “non Ets” iscritte al registro Coni.

Ogni ente associativo dovrà perciò valutare il da farsi in relazione a: dimensione; attività svolta in concreto (sempre commerciale se non è di «naturale completamento» degli scopi specifici, risoluzione 38/E/10); modalità organizzativa; gratuità delle prestazioni erogate; margini di profitto e copertura dei costi effettivi (per il correttivo sono non commerciali anche le attività i cui ricavi non superino il 10% dei costi per oltre due periodi d’imposta).

In ogni caso tutte le modifiche fiscali (abrogazioni incluse) entreranno in vigore dall’esercizio seguente il via libera Ue e comunque non prima di quello di operatività del Registro unico del terzo settore.

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Francesco Capogrossi Guarna

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