Per il reperimento dei fondi necessari allo svolgimento delle proprie attività istituzionali, gli enti del terzo settore possono svolgere una o più attività a carattere commerciale, dovendo tuttavia prestare attenzione alla prevalenza o meno delle stesse, al fine di determinare la natura dell’ente, non commerciale o commerciale.
Per la verifica di tale condizione, ad oggi, in assenza dell’autorizzazione UE, non risulta ancora applicabile il dettato dell’art. 79 del D. Lgs. n. 117/2017 (Codice del Terzo Settore, in sigla “CTS”), pertanto occorre far riferimento alle disposizioni di cui all’art. 149 TUIR.
Secondo tale norma, i parametri di commercialità da tenere sotto controllo sono i seguenti:
Solo le associazioni sportive dilettantistiche e gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti risultano esonerati dall’applicazione di queste regole.
Rispetto alla decorrenza, si evidenzia come il mutamento della qualifica operi a partire dal periodo d'imposta in cui vengono meno le condizioni che legittimano le agevolazioni, con un effetto retroattivo fino all’inizio del periodo d’imposta in cui il mutamento si configura.
A partire dall’esercizio in cui entreranno in vigore le norme fiscali del Terzo Settore, tuttavia, sarà concessa una deroga nelle tempistiche di efficacia della perdita di qualifica, nella misura in cui, secondo l’art. 79 comma 5-ter CTS “[…] Per i due periodi d'imposta successivi al termine fissato dall'articolo 104, comma 2 (ndr. periodo di imposta successivo all'autorizzazione della Commissione europea), il mutamento di qualifica […] opera a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in cui avviene il mutamento di qualifica”.
Per quel che concerne la comunicazione di tale informazione al RUNTS, nel rispetto delle regole di trasparenza imposte dalla Legge Delega n. 106/2016 e dai successivi decreti attuativi, essa deve avvenire telematicamente entro i 30 giorni successivi alla chiusura dell’esercizio (art. 20 del Decreto Ministeriale n. 106 del 15 settembre 2020).
Per gli enti che non hanno l’esercizio a cavallo d’anno, quindi, tale termine scade proprio il 30 gennaio.
Ma quali sarebbero le conseguenze della perdita della natura di ente non commerciale? L’impatto più rilevante sarebbe di tipo fiscale: in primo luogo, dal punto di vista dell’IVA, non sarebbe più applicabile il regime di esenzione previsto ex art. 10 per le esenzioni IVA tutti i proventi percepiti dall’ente assumerebbero qualificazione commerciale, dovendo essere computati ai fini del calcolo delle imposte sui redditi (IRES) e dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), che verrà quindi calcolata non più con il metodo retributivo, bensì con quello commerciale.
Con il passaggio dei beni dell’ente dalla sfera istituzionale (non commerciale) a quella commerciale, inoltre, potrebbero generarsi delle plusvalenze soggette ad imposta.
Dal punto di vista civilistico, invece, si segnala l’obbligo di comprendere nell'inventario dell'ente (ex art.15 DPR n. 600/1973), entro 60 giorni dall'inizio del periodo di imposta in cui ha effetto il mutamento, tutti i beni facenti parte del patrimonio di iscrizione dell’ente al registro delle Imprese, l’obbligo di tenere le scritture contabili di cui all'articolo 2214 c.c. e di redigere e depositare presso il registro delle imprese il bilancio di esercizio redatto, a seconda dei casi, ai sensi degli articoli 2423 e seguenti, 2435-bis o 2435-ter c.c..